Vogliamo che la legge arrivi in luoghi tenebrosi come Piazza-Italy,la chat italiana di Aol, dove si commettono violazioni vergognose dei dirtti civili.

sabato 12 dicembre 2009

La condanna per la morte di Meredith rischia di far scoppiare guai diplomatici tra Usa e Italia. E sarebbe un peccato, perché nella storia la politica non c’entra per niente.

Il caso di Meredith Kercher potrebbe dimostrare presto di che pasta è fatta la giustizia italiana: “Il governo Usa potrebbe intervenire sul caso di Amanda Knox, condannata ieri a 26 anni per il delitto, avvenuto a Perugia due anni fa“, ha detto una zia della ragazza, Janet Huff, all’emittente Cnn. “Abbiamo ricevuto e-mai da funzionari del governo che hanno detto che ora e’ il momento di fare qualcosa“. Il rischio che un caso di omicidio si trasformasse in un problema internazionale si era già avvertito qualche tempo fa, quando un Pulitzer e il New York Times erano intervenuti nella vicenda: “Un innocente all’estero”, titolava pomposamente l’articolo del NY, che nelle prime righe parte subito all’attacco: “Il caso contro Knox ha tante così tante crepe ed è così legato alla carriera di un potente procuratore italiano incriminato per comportamento scorretto che qualunque giuria seria lo avrebbe già ricusato da mesi”, cominciava Timothy Egan, confondendo un pochino il sistema giudiziario americano con quello italiano. E finendo poi sbugiardato da una serie di confutazioni nel merito.

IERI - Dice l’Ansa che il destino di Amanda e Raffaele si compie a mezzanotte e cinque in punto, quando il presidente della Corte d’Assise di Perugia, con un filo di voce, annuncia che passeranno almeno un quarto di secolo in carcere. I giornali italiani, tranne il Corriere, “bucano” la notizia. Lei, l’Amelie di Seattle, esplode in lacrime abbracciata al suo avvocato; lui, l’ingegnere di Giovinazzo, rimane impassibile come un sasso, con gli occhi persi nel vuoto e il cuore a mille. Per gli ex fidanzatini si chiudono così due anni sotto i riflettori di mezzo mondo; assassini crudeli per alcuni, ragazzi acqua e sapone stritolati da un meccanismo più grande di loro per altri. «No, no…» riesce soltanto a mormorare Amanda, mentre si compie il suo destino. «Non è finita qui – dice per lei la matrigna, Cassandra – combatteremo fino alla fine». Raffaele, invece, rimane in silenzio assoluto. Ma anche lui non ce la fa a resistere quando la compagna del padre, Mara, gli urla «forza, forza». È un attimo, prima che lo portino via. Poi restano le facce dei familiari, impietrite quelle dei Sollecito, piene di lacrime quelle del gruppo Knox, con la sorella di Amanda, Deanna, che esplode in lacrime prima ancora che la studentessa di Seattle capisca che per lei è finita.Fin dalla notte del loro arresto, quel 5 novembre di due anni fa quando la studentessa di Seattle - prima di sottoscrivere il famoso memoriale in cui ammise di essere stata nella casa di via della Pergola (salvo poi smentirlo in decine di occasioni) – faceva la ruota nei corridoi della questura di Perugia, cantando ripetutamente le canzoni dei suoi amati Beatles. O quando Raffaele disse candidamente agli investigatori, che lo interrogavano per la seconda volta, «di aver detto un sacco di cazzate» la prima volta che era stato sentito perchè Amanda glielo aveva chiesto. Ma non solo: c’è l’acquisto di un tanga «per fare sesso» che Raffaele e Amanda fecero tre giorni dopo la morte di Mez e le parole che Amanda-Amelie (così l’ha chiamata l’avvocato del giovane barese, Giulia Bongiorno), la ragazza che vive nel mondo dei sogni e che fa del bene agli altri, ha messo in quel memoriale. Parole confuse e surreali ma che hanno pesato come un macigno sul processo.

NEL MENTRE - «La verità – scrisse – è che non sono certa della verità». Quella sera «forse ho controllato la mia e mail, forse ho letto e studiato, o forse o fatto l’amore. Infatti penso di aver fatto l’amore con lui». Diverso, molto diverso, l’atteggiamento tenuto invece nel corso del processo: acqua e sapone lei e lacrime di fronte alle accuse più pesanti, con l’obiettivo chiaro di allontanare da se quell’immagine di ‘femme fatalè appiccicatale addosso, senza però rinunciare alle sue passioni, come quando si è presentata davanti ai giudici con la maglietta omaggio ai Beatles e la scritta «All you need is love»; riservato, chiuso, attento a tutte le fasi processuali lui, per dimostrare che non è certo quel ragazzo freddo e distaccato descritto dagli inquirenti. Anche le parole sono state calibrate, per far presa sui giudici popolari. «Ho paura di avere una maschera da assassina forzata sulla mia pelle», ha detto Amanda nelle ultime dichiarazioni spontanee, rispondendo anche ad un interrogativo che sicuramente i giudici si saranno posti. «Io non sono calma. Tanti mi dicono che se fossero in questa situazione si strapperebbero i capelli e farebbero a pezzi la cella. Ma io, che ho già scritto che ho paura di perdere me stessa e di essere definita come non sono, non lo faccio, non mi butto giù e cerco di trovare il positivo». Talmente positivo che la ragazza ha persino ringraziato la pubblica accusa, dicendo che capiva i PM perché stavano facendo il loro lavoro.

OGGI - Era chiaro che l’articolo del New York Times fosse soltanto un’avvisaglia di ciò che sarebbe successo in caso di sentenza sfavorevole. Gli Stati Uniti ritengono, e non è la prima volta che accade non solo in Italia, di dover difendere a spada tratta e senza se e senza ma i loro cittadini che vengono sottoposti a processi in altri paesi. Intento lodevole. Se non fosse che nel caso di Amanda e Raffaele questo problema non si pone. In primo luogo perché questo caso è diverso dal Cermis, da tutti i punti di vista. In secondo luogo perché il processo ha dimostrato che tutte le garanzie nei confronti degli imputati sono state più che rispettate, alla faccia di chi pensava il contrario senza argomenti. Il caso non è chiuso: c’è un appello, ci sarà la Cassazione, arriverà per la ragazza la possibilità di scontare la pena nel proprio paese, magari in parte, prima o poi. Quello che non si può accettare, oggi, è che alla faccia dei fatti e delle prove, la politica si metta in mezzo per salvare qualcuno.

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