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venerdì 10 ottobre 2008

Una nanopatologia è una patologia indotta dall'inalazione o l'ingestione di particelle inorganiche (e quindi difficilmente biodegradabili) di dimensioni micrometriche e nanometriche (in particolare quindi il particolato ultrafine e le nanopolveri). Gli effetti sulla salute del particolato fine [modifica] Alcuni effetti sulla salute causati dal particolato fine (sia di natura organica che inorganica) sono già noti da tempo. Numerosi studi epidemiologici hanno infatti mostrato una chiara correlazione tra malattie cardiovascolari e respiratorie, da un lato, e quantità e concentrazione di particelle (particulate matter, PM) di diametro aerodinamico medio inferiore a 10 micron (PM10) o a 2,5 micron (PM2,5). [1] [2] Al diminuire delle dimensioni delle particelle maggiore è la loro capacità di penetrare nei tessuti (si va dalle particelle inalabili, a quelle respirabili fino alle nanopolveri), e si ritiene quindi che sia più alta la possibilità che interagiscano con l'organismo. La dimensione micrometrica [modifica] Per particolato di dimensione micrometrica si intendono, in questo contesto, particelle di diametro aerodinamico medio compreso fra 10 ed un micron (10-5 - 10-6 m, cioè PM10) e PM2,5. Già per il PM10 è dimostrata una relazione diretta con i dati di mortalità cardiogena e respiratoria della popolazione esposta alle polveri.[3] Scendendo di dimensioni, ad esempio valutando gli effetti del PM2,5 è stata dimostrata una relazione diretta con la mortalità cardiogena. Fra le ultime indagini epidemiologiche vi è uno studio uno studio di Dominici e colleghi della Johns Hopkins University di Baltimora per stimare il rischio di malattie cardio-respiratorie in seguito all'esposizione a particolato fine pubblicato nel 2006.[4] I ricercatori hanno analizzato le informazioni relative ai ricoveri di pazienti con problemi cardio-respiratori negli ospedali di 204 città (>200.000 ab.) degli USA dal 1999 al 2002. In media i soggetti (anziani, di anni >65) vivevano entro un raggio di 10 km da un sistema per il monitoraggio di PM2,5. I ricercatori hanno rilevato una stretta correlazione fra concentrazione di particolato fine ed i ricoveri per disturbi cardiorespiratori. Gli studi hanno rivelato che per ogni 10 µg/m3 di PM2,5 si ha un aumento di 1,28% di attacchi cardiaci, anche per esposizione di breve durata. Si consideri che le leggi sul limite di particolato prendono in considerazione solo il PM10, e a breve il PM2,5. Vi sono tuttavia evidenze che indicano come le quantità dei due tipi di particolato siano in stretta correlazione l'una con l'altra, e di conseguenza alcuni sostengono l'inutilità di sottoporli a misurazione separata. [5] La dimensione nanometrica [modifica] Scendendo ancora di dimensioni si entra nel campo delle nanopolveri (cioè particolato di dimensione nanometrica il cui diametro medio è compreso indicativamente fra 200 e 2 nanometri (l'ordine di grandezza è 10-7 - 10-9 m) cioè particolato ultrafine respirabile (in grado di penetrare negli alveoli) di dimensioni inferiori al PM1. Si parla in particolare di PM0,2: scendere ancora di dimensioni significherebbe arrivare a livello di singole molecole. A questo livello estese indagini epidemiologiche non sono ancora state condotte, a causa della difficoltà di precise misurazioni e monitoraggio ambientale delle nanopolveri ma soprattutto della relativamente recente attenzione che l'argomento sta destando. La ricerca sta in ogni caso procedendo alquanto rapidamente.[6] I dettagliati meccanismi di formazione di queste nanopolveri sono ancora oggetto di studio. Particelle non biodegradabili di dimensioni che possono arrivare a qualche miliardesimo di metro (nanometro) sono prodotte naturalmente da alcune fonti come i vulcani, ma l'origine più comune in ambiente urbano è costituita da procedimenti ad alta temperatura, industriali e non, e soprattutto dal traffico automobilistico e dagli impianti di riscaldamento. Alcuni ricercatori del Laboratorio dei Biomateriali [7] dell'Università di Modena, sulla base di indizi preliminari, hanno proposto che esse possano causare patologie specifiche, identificate con il termine nanopatologie La dimensione nanometrica [modifica] Scendendo ancora di dimensioni si entra nel campo delle nanopolveri (cioè particolato di dimensione nanometrica il cui diametro medio è compreso indicativamente fra 200 e 2 nanometri (l'ordine di grandezza è 10-7 - 10-9 m) cioè particolato ultrafine respirabile (in grado di penetrare negli alveoli) di dimensioni inferiori al PM1. Si parla in particolare di PM0,2: scendere ancora di dimensioni significherebbe arrivare a livello di singole molecole. A questo livello estese indagini epidemiologiche non sono ancora state condotte, a causa della difficoltà di precise misurazioni e monitoraggio ambientale delle nanopolveri ma soprattutto della relativamente recente attenzione che l'argomento sta destando. La ricerca sta in ogni caso procedendo alquanto rapidamente.[6] I dettagliati meccanismi di formazione di queste nanopolveri sono ancora oggetto di studio. Particelle non biodegradabili di dimensioni che possono arrivare a qualche miliardesimo di metro (nanometro) sono prodotte naturalmente da alcune fonti come i vulcani, ma l'origine più comune in ambiente urbano è costituita da procedimenti ad alta temperatura, industriali e non, e soprattutto dal traffico automobilistico e dagli impianti di riscaldamento. Alcuni ricercatori del Laboratorio dei Biomateriali [7] dell'Università di Modena, sulla basedi indizi preliminari, hanno proposto che esse possano causare patologie specifiche, identificate con il termine nanopatologie. Nanopatologie [modifica] Il termine nanopatologia è stato concepito a partire dal nel 1999 da uno di questi ricercatori, la dottoressa Antonietta Gatti dell'Università di Modena e Reggio Emilia, con l'intenzione di includere in una categoria specifica le patologie che sono sospettate di essere causate da particelle inorganiche di dimensione nanometrica, malattie per ora classificate come criptogeniche (cioè di eziologia ignota). L'attribuzione della causa delle patologie alle "nanoparticelle" è stata ipotizzata a seguito di alcune scoperte accidentali su alcuni pazienti che presentavano sintomi anomali (e nei cui tessuti sono stati rilevate nanopolveri inorganiche di natura esogena) e come sviluppo delle indagini sulle patologie dei soldati in zone di guerra (sindrome del Golfo e sindrome dei Balcani, effettuate in collaborazione con il Department of Materials and Metallurgy dell'Università di Cambridge e l'Institute of Pathology presso la Johannes Gutenberg Universität di Magonza) e in alcuni poligoni militari italiani quali il P.I.S.Q. di Perdasdefogu e di Capo San Lorenzo a Villaputzu, dove si è constatato un aumento allarmante di casi di Linfoma di Hodgkin (sindrome di Quirra). Va segnalato per completezza di informazione che per il momento queste ultime ricerche non sono ancora state pubblicate e non sono di conseguenza verificabili dalla comunità scientifica. L'autrice, Dr.ssa Gatti, è stata anche sentita, in qualità di esperto, dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull'uranio impoverito che ha concluso che « rimangono aperti gli interrogativi [...] circa i danni a lungo termine per la salute dei militari e delle popolazioni residenti che potrebbero derivare dall'esposizione ai particolati fini e ultrafini che si disperdono nell'ambiente in occasione di combustioni ad altissime temperature» e ancora «La dottoressa Gatti ha presentato innanzitutto i dati delle analisi da lei effettuate, a seguito di una richiesta rivoltale dalla ASL di Cagliari su campioni istologici di persone ammalate di tumori vari che vivono nelle adiacenze del Poligono del Salto di Quirra. In proposito ella ha segnalato di aver trovato all'interno di numerosi campioni la presenza di corpi estranei, anche di dimensioni nanometriche, di composizione chimica non rilevabile in natura e con caratteristiche morfologica - in particolare la forma tondeggiante - che fanno ritenere che si tratti del prodotto di combustioni, di origine antropica, ad altissime temperature. L'audita ha poi rilevato che i soggetti dai quali provenivano i reperti analizzati vivono in un area situata a grande distanza da impianti industriali. Ella ha poi ricordato di aver effettuato un sopralluogo all'interno del Poligono del Salto di Quirra, e di aver riscontrato in tale occasione la presenza, nelle vasche destinate al raffreddamento dei vapori di scarico dei motori del missile Ariane oggetto di prove tecniche, di composti di piombo, bismuto e antimonio analoghi a quelli rinvenuti nei campioni istologici di alcuni dei pazienti ammalati di tumore. [...] La Commissione auspica quindi il Governo italiano si attivi presso le competenti istanze dell'Unione europea e della NATO affinché sia progettato e realizzato uno studio di carattere scientifico su tale questione » Written by anarchicosublime Blog about this entry | Add to del.icio.us | digg this This entry has 1 comments: (Add your own) #1 Comment from mrskrakpotowska | Email mrskrakpotowska 2/5/08 8:21 PM | Permalink Delete Comment Block This Screen Name Actions [+] Read this properly...deep sigh.

1 commento:

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