Vogliamo che la legge arrivi in luoghi tenebrosi come Piazza-Italy,la chat italiana di Aol, dove si commettono violazioni vergognose dei dirtti civili.

mercoledì 1 luglio 2009

I pirati (condannati) diventano ricchi: venduto per 5,5 milioni il sito web

Il sito per lo scambio di file musicali The Pi­rate Bay, condannato a Stoccol­ma per violazione di copyright, è stato acquistato dalla softwa­re house svedese proprietaria di Internet Café Global Gaming Factor X per 60 milioni di coro­ne, circa 5,5 milioni di euro. Gli acquirenti intendono ripor­tare la nave corsara in acque le­gali, usando un modello di bu­siness «che consentirà — se­condo una prima nota del­l’azienda — di soddisfare sia i fornitori di contenuti che i de­tentori dei diritti d’autore». In che modo, lo si vedrà. I soldi della vendita di Pirate Bay, intanto, andranno nelle ta­sche dei tre fondatori, Fredrik Neij, Gottfrid Svartholm e Pe­ter Sunde, che nell’aprile scor­so erano stati condannati in pri­mo grado a un anno di carcere e a una multa corrispondente a 2,7 milioni di euro per «compli­cità nella violazione della legge sul diritto d’autore». Gli avvo­cati difensori avevano presenta­to ricorso per conflitto d’inte­ressi di uno dei giudici (iscritto a due associazioni svedesi per la tutela del copyright) ma il ri­corso è stato respinto la setti­mana scorsa. L’amministratore delegato di Ggfx Hans Pandeya non ha detto chiaramente co­me intende chiudere i conti con il passato. Major musicali e cinematografiche — tra cui i colossi Warner, Columbia, 20th Century Fox Films, Sony Bmg, Universal ed Emi — han­no infatti chiesto un risarci­mento pari a circa 9 milioni di euro. Chi lo pagherà? I fondato­ri con i soldi incassati dalla ven­dita? Probabilmente sì. E sicu­ramente ci sarà nuovo lavoro per gli avvocati. Ma come sarà la baia dei pi­rati senza più pirati? The Pirate Bay, tra i primi cento siti Inter­net del mondo, è oggi uno dei maggiori luoghi virtuali per lo scambio di musica, con oltre venti milioni di utenti. Non è ancora ben chiaro da dove arri­veranno i ricavi che sosterran­no il nuovo modello di busi­ness. E infatti le prime osserva­zioni degli esperti sono im­prontate a un certo scettici­smo. Molto positivi sono invece i commenti dei discografici, i quali osservano che in ogni ca­so la notizia va letta come il passaggio a una logica di legali­tà e normalità. «L’era del tutto gratis e dell’illegale sta finendo — ha dichiarato il presidente della Federazione dell'indu­stria musicale italiana Enzo Mazza — e la rete si avvia a di­ventare elemento fondamenta­le nella distribuzione di conte­nuti ». Di segno diametralmen­te opposto i commenti dei so­stenitori della gratuità a oltran­za. Il passaggio di fase non sarà comunque facile. Come non lo è stato per Napster, il padre di tutti i pirati, comprato nel 2002 da Bertelsmann. Il gruppo tede­sco acquisì sessanta milioni di utenti ma non riuscì a trasfor­mare il sito nella macchina da soldi iTunes di Apple. E in quel­la vicenda tutti capirono che trasformare l’utente non pagan­te in utente pagante è impresa alquanto ardua. Forse fu colpa della formula di pagamento scelta dai tedeschi (l’abbona­mento) ma il marchio forte nel­la musica libera non è diventa­to un marchio forte nella musi­ca a pagamento. La Baia dei Pirati ha oggi un problema molto simile, per di più amplificato dal nome: un nome che è un programma...

1 commento:

Anonimo ha detto...

i pirati fanno sempre soldi in qualche modo

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