Vogliamo che la legge arrivi in luoghi tenebrosi come Piazza-Italy,la chat italiana di Aol, dove si commettono violazioni vergognose dei dirtti civili.

mercoledì 1 luglio 2009

Inferno a Viareggio

treno, il gas, il boato: 14 morti «Muro di fuoco come a Pompei» GIUSI FASANO PER IL CORRIERE DELLA SERA La notte che ha fat­to tremare il cielo è passata. È bru­ciata assieme al treno, alla cisterna colma di Gpl, alle palazzine di via Ponchielli, alle macchine parcheg­giate lungo il viale della stazione. Bruciata. Come le speranze di chi ha vagato fino all’alba fra ospedali e unità di crisi, per non arrendersi al pensiero di un lutto. Ieri sera a mez­zanotte Viareggio contava quattordi­ci morti, tre (forse più) dispersi e una trentina di feriti, 15 gravissimi. E poi i mille sfollati del quartiere Bottega nuova, i sopravvissuti. «Co­me se si potesse sopravvivere alla morte di un figlio...» si tormenta Marco che da lunedì sera pesca sem­pre lo stesso ricordo: l’abbraccio di uno dei suoi tre bambini e il salto nel vuoto, fra le fiamme. Ora lui e il bimbo sono salvi, ma è perduto per sempre l’altro piccolo di cinque an­ni. E anche Marco in qualche modo sembra non esserci più. Ore 23.48: l’esplosione Assente. Indietro nei giorni, qua­si a cercare di riavvolgere il filo del­le ore che Viareggio non scorderà mai più. Ecco l’orologio segnare mezzanotte meno dodici di lunedì, sembra di sentire quel boato così pazzesco da far pensare a «un terre­moto », a «un bombardamento», a «un attacco terroristico». La gente si affaccia dalle finestre e vede il fuoco camminare veloce per le strade, ar­rampicarsi come un killer sulle sca­le delle case, avvolgere e incenerire passanti per strada, arrivare sui mu­ri più alti. Cosa sta succedendo? Un treno merci è deragliato assieme al­le sue 14 cisterne piene di Gpl, una delle più pericolose fra le sostanze infiammabili. Sette vasche sono ri­maste sui binari, integre, altre sei so­no finite sulla massicciata, anche lo­ro intere, ma una è caduta sui pic­chetti che segnalano le curve e si è «bucata». Così in pochi secondi il gas si è infilato in ogni strada, in ogni giardino, in ogni casa che ha trovato sul suo percorso. Una scintil­la ed è stato il disastro. Ecco cosa succede a mezzanotte meno dodici di lunedì. Ma in quel momento nes­suno lo sa. La sola cosa che sanno, tutti, è che bisogna scappare via. La centrale operativa fa appena in tem­po a bloccare altri due treni passeg­geri diretti a Viareggio. «Non so co­me ma il fuoco spuntava dai gradi­ni, tante piccole fiamme che mi na­scevano sotto i piedi» racconta Ma­ria Paltrinieri, piano rialzato di una delle tante palazzine raggiunte dal rogo. Ore 1: viavai di sirene All’una la città è un viavai di sire­ne. Le ambulanze corrono verso gli ospedali o il centro di unità mobile di pronto soccorso allestito vicino al Municipio, diventato in un batter d’occhio il quartier generale dei soc­corsi. Sullo sfondo il cielo brucia di arancione e rosso, per le strade è un caos senza fine. Voci che nessuno sa confermare parlano di palazzi crolla­ti e decine di persone sotto le mace­rie. È il panico. Tutti a cercare un pa­rente, un amico, un vicino di casa. I vigili del fuoco e gli agenti munici­pali provano a bloccare le strade più vicine al disastro, sgolandosi per cacciare via una folla crescente di cu­riosi che arrivano davanti alla zona rossa per capire di più, sapere qual­cosa. Alle due e mezzo il Comune de­cide di evacuare tutta l’area a ri­schio: più di mille persone. Ci sono decine di case in fiamme e un’onda di persone che scappa senza sapere bene da chi e da cosa. Si sentono quattro-cinque esplosioni. E ogni volta si vede un nuovo pezzetto di cielo colorarsi di rosso. Ore 3.15: lo sgombero Alle tre e un quarto le auto della protezione civile fanno un primo gi­ro a ridosso della zona rossa con i megafoni: «Dovete lasciare imme­diatamente le vostre case» è l’ordi­ne. Ancora gente per strada. Altro panico. Si temono esplosioni più de­vastanti della prima che ha innesca­to tutto. Se le altre cisterne dovesse­ro scoppiare i morti si conterebbero a centinaia. Si deve accelerare. Dal ministero degli Interni mandano nuove forze. Gente in divisa arriva da Pisa, Firenze, Livorno, La Spezia, da qualunque posto sia più o meno raggiungibile in un paio d’ore. Alle cinque, mentre decine e decine di uomini scavano sotto le macerie del­le case accartocciate, altre centinaia (a questo punto quasi mille) orga­nizzano i soccorsi per gli sfollati e fi­nalmente riescono a circoscrivere con il nastro rosso la zona che nessu­no può varcare. Gli abitanti delle aree in pericolo sono tutti fuori ca­sa. Si fatica a spegnere le fiamme di­ventate più basse, ma non per que­sto meno minacciose. Il rischio è an­cora altissimo. Soltanto fra le sei e le sette le facce sfinite dei soccorritori si fanno un po’ meno tese. «È una piccola Pompei» dice uno di loro. L’alba: il bilancio Con la luce del giorno il disastro sembra più spaventoso. Vicino alla stazione è un cimitero di case. Sono mozziconi di palazzi a due-tre piani. Ma un nuovo «quartiere» è nato da­vanti alla piazza del Comune, una tendopoli per 80-90 persone. Deci­ne e decine di volontari, come picco­le formichine laboriose, tirano cor­de e trasportano brande, montano un piccolo ospedale da campo e di­stribuiscono latte caldo. Nell’unica tenda piena di sfollati Claudia Fab­bris dice che tutto sommato è fortu­nata anche se si trova sotto una ten­da, come i terremotati: «Io so che la mia casa c’è ancora e che ci torne­rò » dice. Ci tornerà presto, come promette a pomeriggio anche il ca­po della Protezione civile Bertolaso. Fra oggi e domani i vigili del fuoco svuoteranno le cisterne che non pos­sono essere spostate. Almeno tre le inchieste aperte: magistratura, mini­stero delle infrastrutture e Trenita­lia. Tutto in mezzo a polemiche fero­ci: dei sindacati che annunciano scioperi e parlano, con Guglielmo Epifani, di «disastro annunciato» e con la sortita del presidente di Con­findustria Emma Marcegaglia: «Que­ste cose non succedono in un Paese civile».

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