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domenica 2 agosto 2009

riflessioni sulla grammatica

Mi riferisco alla grammatica Italiana di tanti anni fa e non so se le mie regole sono obsolete e oggi sostituite da regole migliori. Quindi sottopongo queste mie riflessioni sulla grammatica a chi e’ piu aggiornato di me magari per un dialogo.I verbi sono divisi in due grandi categorie: verbi transitivi e intransitivi. I primi esrpimono una relazione diretta fra il soggetto e l’oggetto, i secondi no. “ Io mangio la mela” indica un relazione diretta fra il soggetto e l’oggetto; ‘ Impallidisco all’idea’, ’ vado a casa’ non esprimerebbero una azione diretta fra un soggetto e un oggetto. In genere i verbi di moto non sono transitivi e il secodo di questi due e‘ intransitivo. La distinzione non e’ sempre chiara come sembrerebbe a prima vista per vari motivi: “ Io sparo a qualcuno “ e’ un azione molto diretta ancorche’ illegale eppure ’sparare’ non e’ transitivo. Qui ovviamente il grammatico direbbe che l’oggetto e’ sottinteso perche’ si spara qualcosa a qualcuno, in genere un proiettile. Ma in ‘ Io penso a mia madre’ non sembrerebbe esserci un oggetto sottinteso e tuttavia il verbo non e’ transitivo; e non vi e’ nulla ma proprio nulla che sia piu diretto di un oggetto del pensiero.Un modo piu chiaro di individuare I verbi transitivi e’ riconoscerli dalla domanda “ che cosa mangi? “ chi vedi oggi? Se la domanda contenente il verbo contiene anche i pronomi ‘chi‘, o, ‘che cosa‘, allora il verbo e’ transitivo. Ma noi possiamo chiedere ’ a chi hai sparato? In tale domanda non vi e’ sottinteso alcun oggetto diretto, quindi il verbo dovrebbe essere classificato come intransitivo secondo questo criterio e rimane il dubbio forte che l‘azione e‘ drammaticamente diretta… Intanto ci sono verbi di moto che sembrano transitivi “ Salgo le scale’ si puo dire, e la domanda contiene ‘che cosa’, infatti possiamo dire ’ che cosa sali?’ A meno di non volere essere molto grammatici e dire’salgo per le scale’. Una caratterizzazione dei verbi transitivi e’ che si possono trasformare in verbi passivi nei rispettivi contesti:’ Io mangio la mela’ diventa’ la mela e’ mangiata da me’, ma non possiamo dire ’ la casa e’ andata da me’ come forma passiva di ’Io vado a casa’; ma posso dire ’mia madre e’ pensata da me’ , allora di incanto il verbo e’ diventato transitivo? Nota che quest’ulteriore criterio e’ relativo all’italiano, molti verbi intransitivi in inglese si possono passivizzare.Ma a cosa serva questa distinzione ? Retaggio della grammatica latina essa aveva, credo, una funzione ben precisa in quella lingua analitica. Infatti in essa il verbo transitivo esigeva l’accusativo e gli intransitivi no. Ne a rigor di logica, nessuno, straniero o italiano verrebbe sfiorato dall’idea di passivizzare un verbo di moto’. Ne la distinzione puo’ aiutare a imparare l’italiano come seconda lingua: verbi che sono transitivi in una lingua possono non esserlo in un altra. La situazione si complica alla luce di considerazioni semantiche ulteriori. Ad esempio ‘ Io telefono a mamma’, perche’ telefonare e’ intransitivo, ma posso dire esattamente la stessa cosa, equivalente da un punto di vista semantico con la frase’ Chiamo mamma al telefono’. come mai nel primo caso non vi sarebbe un azione che passa direttamente dal soggetto all’oggetto e nel secondo caso si, se le due espressioni sono semanticamente equivalenti? Il sospetto che la distinzione sia basata su qualcosa di molto artificioso e quindi sia solo una vaga approssimazione della realta’ sottostante questi distinguo, e’ forte. Se la distinzione alla fine si riduce a indicare la necessita’ di una preposizione fra il verbo e l’oggetto, allora non e’ piu una distinzione semantica ma puramente sintattica, e siccome le preposizioni, specialmente nei verbi di moto, vanno imparate verbo per verbo ( io vado a casa ,a Roma, in Inghilterra, salgo in ascensore, vado, salgo in montagna, cammino per strada, vado in automobile, -non di moto ->> penso a, sparo a) non sarebbe piu’ utile abolirla del tutto in favore magari di una distinzione piu aderente ai fatti? In logica elementare abbiamo una nozione di relazione che potrebbe tornare utile per una caratterizzazione dei verbi. Esistono relazioni a due o piu posti, espresse cosi’ : “ xRy’ e’ una relazione fra due variabili dove x e y stanno per due cose come ad esempio due individui che si amano: X ama Y. Una caratterizzazione dei verbi in termini di relazioni forse potrebbe tornare piu utile.Intanto avremmo verbi relazioni a zero posti : piove, nevica ( la qual cosa ci libererebbe da quella mostruosita’ grammaticale di sottintendere il soggetto nella forma di ‘esso’ che e’ una cretinata (esso piove).Verbi relazioni a 1 posto” Vado, cammino sospiro, dormo.Verbi relazioni a 2 posti: amo Luisa, mangio la mela, sogno l’estate, vado a casa. Verbi relazioni a 3 posti: do il libro a Mario, insegno matematica a Giorgio. Ma un verbo descritto come una relazione a n posti, puo’ ricomparire in altre categorie come ’mangiare’ incluso in tutte e tre ‘ Mangio’, ‘mangio una mela’ ‘mangio una mela con la forchetta’ .Premesso che ogni verbo esige l’apprendimento delle preposizioni inerenti, l’utilita’ di questa classificazione consisterebbe nel predisporre l’indivduo che impara la lingua ad aspettarsi possibili ulteriori sviluppi del verbo in altri contesti e imparare a riconscere quei possibili sviluppi. Ho provato a classificare semanticamente i verbi secondo criteri diversi che potessero in qualche modo illuminare l’uso delle preposizioni ad essi legate. Ad esempio verbi che si riferiscono alla sfera cognitiva, alla sfera emotiva, e infine alla sfera comportamentale. ’ Io conosco la storia ’ (cognitivo), ‘Amo il danaro’ ( emotivo), ’vado a Venezia’ (comportamentale). Niente da fare non viene fuori niente di utile. Ho provato una distinzione dipendente dal tempo che un azione impiega a compiersi e neanche in questo caso viene fuori qualcosa di interessante. Forse qualcuno di voi ha idee migliori delle mie.

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