domenica 11 ottobre 2009
Il mondo dopo la crisi con un dollaro giusto...
Etichette: Cina, Economia Globale, Sogno, Tassi d'Interesse, USA
"La moneta cattiva scaccia quella buona" è un vecchio leit-motiv dell'economia internazionale e monetaria sempre apprezzato e che torna sempre utile, che va indietro dal Signoraggio alla diatriba Dollaro-Marco-Yen, fino all'Euro ed alla crisi recente. La moneta cattiva, in questo caso, è il dollaro e quella buona, diciamo, sono le altre valute di paesi con fondamentali solidi (Europa, Giappone, probabilmente Cina).
Andiamo per ordine. A dispetto delle aspettative dei Banchieri centrali e degli uffici studio che avevano attentamente studiato la situazione, la crisi non è passata attraverso i tassi di cambio (crollo del dollaro) ma dal canale bancario (crollo delle banche americane). Attraverso queste e le connessioni dei titoli (canale finanziario) la crisi è passata dalle banche americane a quelle di tutto il mondo, generando altri problemi (in alcuni casi squilibri dei tassi di cambio o di conti pubblici).
La profonda causa della crisi è assai dibattuta, da un lato la "Rule School" che attacca l'eccessiva deregolarizzazione dei mercati finanziari (IMF), dall'altra la "Global Imbalances School" (Accademia in generale ma non univocamente) che imputa all'eccessivo doppio deficit americano le ragioni strutturali della crisi. Nessuna delle due spiegazioni è esaustiva e definitiva, ma senza dubbio l'ultima sta prevalendo negli orientamenti di policy delle Banche Centrali.
E' possibile che questo avvenga a causa del "liberalismo" dei regolatori che nati, cresciuti ed istruiti su testi inneggianti alla bellezza del mercato ("It's the market, baby!") non sentano come necessaria una ristrutturazione del diritto finanziario, nazionale ed internazionale. E' anche possibile che le grandi banche e gruppi finanziari siano capaci di grande potere di pressione sui governi per evitare intromissioni, si pensi a UBS e Nestlè che in Svizzera hanno minacciato di lasciare il paese se una normativa sui bonus fosse stata emessa.
Tuttavia è più plausibile pensare che effettivamente la strategia intrapresa sommessamente dai governi sia di riequilibrare gradualmente i mercati, attraverso un continuo e lento declino del dollaro (sostenuto dalle Banche Centrali Asiatiche). Perchè?
Sinteticamente: l'economia mondiale deve sganciarsi dalla dipendenza esasperata sui consumi americani. Quindi nell'attesa di registrare grandi cambiamenti nello stile di vita dei cittadini statunitensi (che stanno cambiando più repentinamente del previsto) la strategia è del "let it down". Ovvero lascia cadere il tasso di cambio e fai sistemare le cose al mercato. Basta citare la "cattiva asta" dei bond americani che non son stati piazzati proprio agevolmente la scorsa settimana (se non ad un tasso di oltre il 4% che presenta una buona copertura per rischi di svalutazione).
Nonostante la politica delle parole di Tim Geitner che "crede" in un dollaro forte per evitare effetti di anticipazione del mercato, la realtà dei fatti è che si sosterrà un lenta (molto lenta) discesa del dollaro, donando per converso maggiore forza alle economie che tirano, cioè quelle Asiatiche, sperando che un calo considerevole della valuta statunitense forzi Pechino ad allentare il peg e rivalutare lo yuan. Il Financial Times è stato molto più esplicito "Il Mantra Americano del dollaro forte perde valore" affermando che dalla Casa Bianca le affermazioni su un dollaro forte sono sempre più blande, tant'è che se non fosse stato per il simultaneo intervento di Larry Summers (capo economista di Obama) e di Ben Barnanke, il dollaro questa settimana si sarebbe affacciato ad un minimo storico degli ultimi 2 anni.
Insomma, il mondo si deve abituare ad un America meno "importante" e per ora (a meno di rivoluzioni tecnologiche) il tasso di cambio è la migliore arma per disintossicare una congegno ad orologeria fissato su una data di esplosione mai pienamente compresa.
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